Mobili e prodotti alimentari sono gli unici settori che in qualche modo hanno tenuto sul fronte export Emilia-Romagna. Con segno meno tutti gli altri: manifattura, tessili, articoli in pelle e abbigliamento. Il Centro studi di Confartigianato Emilia-Romagna ha prodotto un’analisi su come la pandemia abbia influito sulle esportazioni delle piccole e medie imprese emiliano-romagnole.

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Se il dato 2019 chiudeva con un fatturato di 65 miliardi di euro, nel 2020 il calo è stato di quasi 5,5 miliardi, per un totale annuo pari a 59,6 miliardi. Un -8,4% suddiviso in proporzione sui mercati UE ed extra UE.

I dati dell’Export Emilia-Romagna

“Gran parte del made in Italy paga un pesante dazio sul fronte della crisi dovuta ad una pandemia che si sta trascinando da oltre un anno – sottolinea Davide Servadei, presidente Confartigianato Emilia-Romagna -. Se escludiamo il settore dei mobili e dei prodotti alimentari tutto il resto viaggia con il segno meno. Siamo preoccupati perché abbiamo dei territori con perdite ben superiori al 10% per arrivare al -18,2% del ferrarese. A maggior ragione se teniamo conto che sono questi i settori, in particolare food, moda, legno e mobili, prodotti in metallo, gioielleria e occhialeria, nei quali l’occupazione nelle micro e piccole imprese supera il 60%”.

Lo studio dimostra come a fronte di una media regionale del -8,4%, vi sono ben cinque province con perdite a due cifre: Forlì-Cesena: -10,4%, Reggio Emilia: -11,2%, Ravenna: -13.1%, Rimini: -15,3%, Ferrara: -18,2%.

I settori in sofferenza

I settori che mostrano più sofferenza, con perdite oltre il 10%, sono quelli dei prodotti in metallo (esclusi macchinari e attrezzature), computer e prodotti di elettronica e ottica, articoli in pelle, articoli di abbigliamento, prodotti della metallurgia.

A parziale compensazione vi è però il dato positivo delle esportazioni verso la Cina. Se consideriamo che verso quel paese viaggia il 3,6% del totale export manifatturiero made in Emilia-Romagna (3,2% tenendo conto solo delle Mpi), nel 2020 vi è stato un +5,1% rispetto al 2019. Che arriva al +10,3% se si considera il totale export dei settori a maggioranza Mpi made in Emilia-Romagna.

“E’ chiaro da questi numeri che, pur in presenza di alcuni segnali positivi, non sarà facile recuperare le posizioni e i fatturati persi in questo periodo. Servono interventi strutturali urgenti per rilanciare i settori di punta del made in Italy nel mondo e per riposizionare le nostre imprese sui mercati internazionali in una logica di filiera. La ripresa e lo sviluppo non possono che essere trainati da formazione, ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico in una logica di sostenibilità ambientale, economica e sociale”, conclude il presidente Servadei.